|
"Tutto in un istante"
racconto di Daniele Bondi ispirato ai
diecimila piccoli
mondi di Simona Maleti
Cammino
timorosa nella foresta, quando un movimento improvviso, nel
sottobosco alla mia destra, mi fa trasalire. Il fruscio si
fa più vicino e minaccioso. Ho il cuore che mi salta in
gola, ma oso voltarmi. Un animale mai visto, un
mostriciattolo delle dimensioni di un gatto, spicca un
balzo, mi attacca di soppiatto e mi pianta i suoi artigli in
faccia. Grido per lo spavento e per il dolore, ma riesco a
strapparmelo di dosso e a lanciarlo a qualche metro da me.
Da
dove ho tirato fuori tutto questo coraggio e tutta questa
forza?
Adesso è là, a tre
passi di distanza, e posso osservarlo meglio: in effetti ha
le sembianze di un felino, gli occhi sono rosso fuoco, il
manto nero come la fuliggine, le zampe piuttosto corte, la
coda... la coda è compatta, ma ora si sta squamando, sta
cambiando pelle. Pazzesco: l'animale è per tre quarti felino
e per un quarto serpente! I nostri occhi si incrociano. Fino
a un minuto fa avevo paura, forse perché nel profondo sapevo
che stavo per affrontare una prova tremenda, ma adesso no:
sono diventata tutt'una col mio desiderio di vincere
quell'essere immondo. E mi sento disposta a tutto: non
eviterei la lotta neppure se mi costasse la vita. Ora lo
fisso con maggiore intensità: quel mostro è infernale, ma
anche vile. Di fronte al mio sguardo coraggioso non regge
che pochi istanti. Eccolo infatti retrocedere, è lui ad aver
paura ora. E infatti fugge via, muovendosi a zig-zag verso
la boscaglia da dove mi ha attaccata. Sento un forte
bruciore. Mi porto una mano alla guancia. La ritraggo:
sangue! Prendo lo specchietto che tengo sempre con me e noto
che tre orribili segni rossi mi rigano il viso. Divento
furiosa. Gli corro dietro, decisa ad annientarlo: come osa,
un essere così spregevole, sfregiarmi il viso? Dopo qualche
passo me lo ritrovo innanzi. Si è fermato ad aspettarmi e
ora mi guarda con aria di sfida: che faccia tosta! Non
appena mi avvicino, spicca un balzo dei suoi e raggiunge il
ramo di un albero gigantesco. Decido di seguirlo. Mi
arrampico fra le fronde, ma sono troppo poco agile per
raggiungerlo: se io salgo di un metro, lui sale di due e
mentre io fatico, lui è totalmente a suo agio. Mi fermo.
Deve esserci un modo per vincere questa dannata battaglia.
Mi serve un mezzo. Il mezzo giusto. Ma non lo posso trovare
con la ragione. Devo scavare dentro di me, arrivare
direttamente al mio cuore, alla sorgente del coraggio, della
forza, dell'energia, della vita. Giungo le mani. Inspiro
profondamente, per tre volte. Il mantra emerge
prepotentemente dalla mia anima. Provo a recitarlo, a
fondermi con esso. Ecco, l'energia vitale sta salendo. Provo
una gioia inattesa, immotivata, non razionalmente cercata.
Ora ricordo: qualcuno mi ha detto che dentro di me c'è tutta
la forza dell'universo e che , basta attingere alla sorgente
interiore della vita per farla esplodere. Ma il mio nemico è
sempre lì. Di fronte a me, appollaiato su un ramo più in
alto e continua a fissarmi con quella sua aria sprezzante.
Ora mi fa compassione: non ha idea di cosa lo aspetti.
Recupero nuovamente lo specchietto e, inclinandolo per
sfruttare la luce del sole, proietto il riflesso sui suoi
occhi. All'inizio sembra abbacinato dal riverbero, poi
succede , l'incredibile: l'animale assume le mie sembianze!
Ma come? Il mio nemico ha la mia stessa faccia! Continuo a
indirizzargli il raggio di luce. Ed ecco che comincia a
perdere consistenza fisica: l'essere con la mia faccia, il
corpo di felino e la coda di serpente sta svanendo davanti
ai miei occhi. I E' bastato un istante di coraggio, ed
eccolo sparito. Per sempre. Salgo più in alto per toccare il
ramo dove si trovava prima di volatilizzarsi. li ramo cede
ed io, invece di cadere verso il basso, mi ritrovo sospinta
verso l'alto. Raggiungo un altro ramo, più grosso di quelli
visti in basso, che ospita un prato su cui sono sbocciati
dei fiorellini rossi. Raccolgo uno di questi fiori e lo
annuso: la fragranza mi inebria al punto da farmi cadere in
uno stato confusionale. Improvvisamente tutto intorno a me
comincia a girare, entro in una specie di vortice che cambia
colore continuamente: verde, blu, giallo-oro,
rosso-arancione, indaco e viola. Tutto gira e io stessa sto
diventando parte di questo turbinio continuo, armonioso e
inarrestabile che mi fa sentire rilassata, tranquilla, in
pace con me stessa e l'intero universo. Mi crogiolo in
questa beatitudine e vorrei farlo per l'eternità, ma
improvvisamente il vortice accelera e il mio corpo comincia
a viaggiare a una velocità spaventosa. Ho l'impressione che
sto per andarmi a schiantare da qualche parte. Ritorna la
paura, anzi, stavolta è terrore. Possibile che la Morte stia
per accogliermi fra le sue braccia? Sto passando
nell'aldilà? No, per carità, ho ancora troppe cose da
portare a termine prima di morire, non posso andarmene ora!
Una miriade di esseri umani mi cominciano a sfilare davanti,
come in un film. Noto persone conosciute, altre mai viste in
vita mia. Hanno tutti bisogno di me. Posso fare qualcosa per
loro. Devo aiutarli e li aiuterò. Il desiderio di vivere,
unito alla necessità di soccorrere tutti quegli individui,
riprende possesso di me e mi scaraventa fuori del vortice
facendomi ritornare sull'albero. Faccio per scendere:
quest'albero di cui non vedo la fine è troppo irreale, e poi
devo tornare alla mia realtà quotidiana, risolvere tutte le
questioni che ho lasciato in sospeso e trovare tutte quelle
persone che voglio soccorrere. Ora mi sento più tranquilla e
decisa, il rancore e la paura sono scomparsi. Almeno
momentaneamente. Fra le fronde fanno capolino i rossi raggi
di un sole ormai al crepuscolo. Sposto in basso una gamba,
intenzionata ad appoggiarla sul ramo sottostante, ma ecco
che ancora una volta mi ritrovo a salire, anziché a
scendere. Mi avvicino al tronco centrale e raggiungo un
punto dove qualcuno ha lasciato delle scritte, degli
ideogrammi, dei geroglifici, degli interi testi che hanno un
ché di sacro perché convalidati in calce da pietre preziose
a mo di sigillo. Non sono in grado di comprendere questi
testi: sono stati scritti in una lingua che non conosco. Ma
non è affatto importante. E' la bellezza dei caratteri
dorati che mi avvince. Osservo meglio: le scritte sono state
incise in profondità nel legno. Molto in profondità.
Istintivamente, faccio scorrere il dito indice all'interno
dell'intarsio ed ecco che gli ideogrammi prendono vita,
vengono ad emergere, quasi che il mio gesto li abbia fatte
sbalzare dalla profondità dell'incisione all'evidenza del
rilievo. Un'improvvisa avidità mi tenta: faccio per prendere
una di quelle pietre preziose che fungono da sigillo ma è
incastrata così bene nel legno che ogni sforzo risulta vano.
Lascio perdere: quelle pietre sono da ammirare, non da
rubare. Nel momento stesso in cui così penso, una delle
pietre preziose si muove verso l'esterno, verso di me. La
sollevo e un'apertura si evidenzia sotto di essa. Infilo un
dito nell'apertura e comincio ad allargarla, in preda a un
insopprimibile desiderio di scavare. Anche in questo caso
tutto sembra rovesciato: sto scavando verso l'alto, come se
dovessi risalire all'interno di una montagna dal suo fondo
alla sua cima. Man mano che scavo, mi si presenta davanti
uno spettacolo sempre più affascinante: oro, argento e
lapislazzuli, e poi conchiglie, coralli, perle e cornalina,
giada, ametista, smeraldi e diamanti sono incastonati in
gran quantità ai lati della galleria che sto scavando. Provo
la esaltante sensazione di chi è addivenuto a qualche forma
di conoscenza superiore. Ora il paesaggio cambia. Una roccia
gigantesca appare davanti a me. Sembra impenetrabile. Ma
sento nel mio cuore che devo andare oltre. La sfioro, la
tocco, la gratto. Impossibile sfondarla. Come faccio ad
andare avanti? Come posso superare quest'ultimo ostacolo?
Ritorno a giungere le mani. Provo ad attingere nuovamente
all'energia universale.
Inaspettatamente, vedo una barchetta, sola nell'oceano
sconfinato. Sta affrontando una tempesta senza paura. Con
una sconfinata serenità vince sulle onde più alte e
sconvolgenti. Non si tratta di forza, ma di saggezza e
imperturbabilità. Di centratura sul proprio cuore impavido.
La barchetta sfrutta i venti più impetuosi a suo vantaggio e
rientra intatta in porto. Forse ho capito! Soffio
delicatamente sulla roccia e questa comincia a sgretolarsi
al centro. Una crepa appare lungo tutta l'altezza della
roccia. Strani filamenti sembrano voler impedire
l'inevitabile spaccatura. Ma poi cominciano a cedere e la
roccia si apre, con un rumore assordante e lasciando
intravedere una specie di fiume dorato, che scorre
verticalmente, stavolta dall'alto in basso. Mi faccio
coraggio e balzo oltre la crepa, avvicinandomi al fiume
dorato. Che spettacolo! Il fiume porta a valle una quantità
incalcolabile di pietre preziose: ecco da dove venivano
tutte quelle gemme che avevo visto all'inizio della galleria
e sul tronco dell'albero. Una voce mi chiama dall'alto. La
voce del mantra. Ancora una volta devo salire. Mi incammino
lungo la riva destra del fiume dorato. Trovo un sentiero
agevole e meraviglioso alla vista. Lo scintillio di colori a
cui assisto è abbagliante. Non so per quanto tempo dovrò
camminare, ma sono disposta a farlo per l'eternità perché
questo è il mio cammino. A un tratto, qualcosa mi risucchia
velocissimamente verso la sorgente. Il letto del fiume,
anziché restringersi, si allarga, quasi che la sorgente
abbia le dimensioni della foce e viceversa. Eccomi alla
fonte di tutto quel fiume che offre argento, perle, smeraldi
e lapislazzuli. fiume nasce da una specie di Torre, la cui
altezza e la cui larghezza sono tali che non se ne vedono la
fine. Entro nella Torre, incuriosita, ma rispettosa. In alto
ci sono due esseri dalla forma umana che sprigionano energia
e lentamente cominciano a fondersi in un qualcosa di terzo e
di indefinibile se non con la parola eternità. Ed eccomi di
nuovo qua, davanti alla mia vita incisa in caratteri dorati
nel grande albero dell'universo. E' passato un solo istante,
ma ho vissuto una miriade di esperienze.
Ogni paura è vinta. Ogni gioia è a portata di mano. |